Muore Stefano Facchielli di Almamegretta. La band: “Era il nostro cuore elettronico. Difficile continuare”. Pagani: “Un genio”. Ildolore di Raiz
Stefano Facchielli, 38 anni, in arte D.RaD degli Almamegretta, è morto nella notte tra il 31 ottobre e l’1 ottobre in un incidente stradale in viale Sabotino, a Milano. Stava tornando a casa sul suo scooter poco dopo le 4:30 del mattino. Ha perso il controllo del mezzo, probabilmente slittato per la pioggia sui binari del tram o sui masselli della pavimentazione stradale. Stefano è rotolato nell’altra corsia di marcia mentre arrivava un’auto, che lo ha travolto e trascinato per una ventina di metri. I soccorsi sono stati immediati, ma inutili.
“Solo lui poteva andarsene la notte di Halloween. Maledizione, è proprio una storiacca di m… E’ dura da mandare giù”. Mauro Pagani sorride amaro. Ha voglia di parlare e di sfogarsi. Gli preme raccontare chi era Stefano Facchielli, alias D.Rad, la mente creativa di Almamegretta. Stefano non c’è più, l’uomo dei suoni è scivolato in una notte piovosa a Milano, alla ricerca di un panino da mangiare. La moto che perde il controllo, un’autovettura che sopraggiunge e lo investe. La vita che fugge via.
Pagani ce l’ha con la mala suerte, con il fato: “Il mio studio, Officine, era un po’ casa sua. Ci ha registrato tre dischi degli Alma. Abbiamo fatto insieme la tournée acustica con Ligabue. Questa settimana doveva tornare in studio da me con il materiale che aveva preparato per il primo disco da solista. Quando me lo hanno detto, non ci ho creduto. Maledizione, con chi prendersela adesso? Avrei voglia di fare “Rewind”, “Erase” e “Cancel” come su un computer, ma non è possibile. Abbiamo perso un grande talento, sia come musicista che come fotografo…
Sul sito Internet del gruppo il Guestbook si riempie di ora in ora. Pagine e pagine di saluti, testimonianze, cuori increduli, piombati nel dolore. Stefano Facchielli, 38 anni, era l’anima sonora degli Almamegretta. Entrato nel gruppo alla vigilia del debutto, non ne era più uscito. Anzi, era diventato il responsabile dei suoni strani e trasversali. Produttore, tastierista, programmatore, aveva lavorato anche con Massive Attack, Bill Laswell e Adrian Sherwood. Attualmente stava collaborando con il chitarrista e produttore giapponese Taketo Gohara.
A Napoli la notizia si è abbattuta come un macigno sul gruppo e sugli amici. Raiz, che del collettivo è stato l’immagine prima di tentare la strada personale, chiede di non parlare, preferisce il silenzio. Gennaro Tesone, batterista e fondatore degli Alma, a stento riesce a commentare l’accaduto. “La musica rock deve avere qualche legame strano con la morte. Sembra quasi che certe situazioni facciano parte di un itinerario prestabilito”, dice in un baleno.
“Tra noi c’era una grande affinità – continua Gennaro -. Sul palco ci capivamo solo con lo sguardo. Mi fidavo ciecamente di lui. Durante i missaggi di Sciuoglie ‘e cane mi sono ammalato. Li ha finiti da solo. Sapevo che potevo contare su di lui. E’ una parte di me che se ne va…”. E’ un pezzo di storia della musica napoletana che chiude la porta alla vigilia di un disco dal vivo del gruppo lasciando ombre fosche sul futuro della formazione.
“Il disco? Era pronto – prosegue Tesone -. Stavamo preparando la copertina con le sue foto e i disegni di Paladino. Ora cercheremo di capire che cosa avrebbe fatto in un caso del genere. Il suono Almamegretta lo aveva inventato Stefano, lo faceva lui. Che cosa faremo? In questo momento è difficile ragionare. Personalmente penso che dovremmo continuare sulla sua strada, continuare a fare le cose che voleva lui”.
Aveva tanti progetti in tasca, D.Rad. Come il concerto che Almamegretta avrebbe dovuto tenere il 29 dicembre all’Auditorium di Roma con Rais ospite in alcuni brani. “Saremmo tornati per una sera alla vecchia formazione – commenta Tesone”. “Volevano ricominciare a suonare insieme – gli fa eco Pagani da Milano -. Avremmo dovuto vederci al più presto con Rais”. E continua, trascinato dall’impeto: “Stefano aveva una grande vivacità intellettuale e una gentilezza da lord. Era completo e creativo come ve ne sono pochi, pochissimi in Italia. Un mago nell’uso del computer. E’ stato più sfortunato di noi”.
Stefano Facchielli, che quasi tutti voi conoscevate solo come D RaD, era
quell’omone apparentemente burbero che, nei palchi dei teatri dove
suonavamo, sedeva dietro di me tutto concentrato ad azionare groove,
campionamenti ed elettronica varia, cercando di concedere il meno possibile
allo spettacolo.
Ogni tanto, ridendo, ci diceva che qualcuno del pubblico, vedendolo lì sopra
quasi immobile, gli chiedeva se per caso non fosse l’addetto luci.
Ebbene l’omone che a voi poteva sembrare burbero, burbero non era.
Aveva una qualità sempre più rara: era discreto.
Ho avuto la fortuna di conoscerlo e di collaborare con lui.
Non riesco a farmi una ragione che sia successo soltanto per due anni.
Stefano era una persona aperta, curiosa, disponibile oltre che una delle
persone più allegre e contente di vivere che abbia conosciuto.
Ma il ricordo della sua allegria rende ancora più difficile capacitarsi che
gli sia capitato quello che gli è capitato.
Difficile crederlo, quasi impossibile accettarlo.
Al secondo giorno di prove col gruppo era amato da ogni componente.
Al secondo giorno di tour era amato da ogni tecnico.
Artista ed edonista sapeva godere appieno di ogni cosa buona gli capitasse e
te lo sottolineava sempre con quella risata grassa che finiva sempre
mescolata alla tosse per le innumerevoli paglie quotidiane.
Era entrato con la sua elettronica in un gruppo di lavoro (il nostro) che,
groove, campionamenti ecc, li aveva sempre orgogliosamente rifiutati.
Arrivato con i suoi gusti soprattutto “underground” nella nostra situazione
da “mainstream”.
Eppure ha fatto funzionare da subito le cose al punto che il suo
intervento, “discreto” appunto, e pensato all’inizio in piccola misura, ogni
sera prendeva più spazio.
Non perché lo proponesse lui: eravamo noi a chiederglielo.
Aveva un atteggiamento davvero rilassato verso gli eventi e la professione e
la vita.
A me sembrava l’atteggiamento di qualcuno che doveva avere capito un po’
meglio i pesi delle cose.
Credo gli abbia fatto piacere vedere la nostra collaborazione live finire in
un album triplo.
Credo gli abbia fatto piacere sentire passare così tante volte per radio il
suo intervento nel riarrangiamento di “Piccola stella senza cielo”.
Sono sicuro che gli abbia fatto piacere che una delle sue composizioni
grafiche sia stata usata come copertina di “La neve se ne frega” (perché
oltretutto Stefano era un buon fotografo e si dilettava di elaborazioni di
immagini).
Era orgoglioso quando gli ho comunicato che Feltrinelli l’aveva accettata.
Orgoglioso, come vi dicevo prima, in modo rilassato.
Dandogli il giusto peso.
Una delle sue frasi più famose fra di noi fu:
“La mia massima aspirazione è quella di passare inosservato”.
Ebbene mi dispiace per te, Stefano, ma non ci sei riuscito.
Perché, fortunatamente, noi ti abbiamo potuto osservare,
stimare
ammirare.
Anche se ora, increduli, ci tocca
ricordare
e rimpiangere.
Luciano
Grazie Stefano dei momenti memorabili passati insieme.
Memorabili.
E nn ce ne saranno altri.
E mi manchi.
E soffo,
Soffro Ste’..
Ieri hai mandato in Feedback pure il microfono del Prete.
Sei stato un grande.
Il solito…
Tutti gelati habbiamo pensato:
Ci sta salutando……
E hai visto quanti eravamo a dirti che ti si vuole bene?
A dirti che ci mancherai un casino,
che le nostre vite saranno diverse ora.
A presto Ste’..
Dax-